18/04/2012 18:35


Destinazione: Fallimento

Un Paese che punta a svilupparsi deve avere meno regole, meno vincoli, meno tasse e, naturalmente, meno tutele e meno garanzie. Da sempre questa è l'unica ricetta; chi nega che lo sia, o ha le idee confuse oppure sta facendo propaganda.

Un programma di governo realmente orientato allo sviluppo prima mette in atto le misure di cui sopra, in modo da favorire il ciclo economico ed una maggior circolazione di denaro, e poi intercetta una parte di tale denaro attraverso maggiori tasse, se occorre. Il programma del governo Monti invece è l'esatto contrario: prima il pareggio di bilancio aumentando le tasse, e poi lo sviluppo. Si tratta di pura propaganda, dove vi sono due cose certe: la prima sono le maggiori tasse, e la seconda è che non vi sarà alcuno sviluppo ma anzi ulteriore recessione, dalla quale deriva l'impossibilità di pagare le tasse, tanto le nuove quanto le vecchie. Né questo governo farà alcuna vera lotta all'evasione fiscale, perché:

  • una lotta di questo genere costa più di ciò che rende, e Monti (come del resto molti suoi predecessori) ha fretta di "riscuotere" subito e in modo certo, non di spendere prima per recuperare poi in modo incerto e parziale.
  • checché se ne dica, il recupero dell'evasione non è determinante ai fini dello sviluppo, sviluppo senza il quale non si creano i presupposti per rendre possibile un reale aumento del gettito, e quindi la possibilità di "spendere" per "recuperare", ossia contrastando l'evasione più per una (giusta) questione di principio che per la convenienza di farlo (senza contare che in Italia una fetta enorme degli sprechi è riconducibile alla politica, che non viene mai toccata in modo sostanziale).

Come si vede è un cane che si morde la coda, una spirale involutiva che si avvita su sé stessa.

Una politica finanziaria così fortemente recessiva, attuata in un momento già di per sé molto difficile per il nostro Paese, significa portare l'Italia verso un rapido e drammatico fallimento. Il default dell'Italia, al quale seguirebbero a ruota quelli di altri "anelli deboli" della moneta unica, porterebbe come minimo alla suddivisione di quest'ultima in un Euro di "serie A" ed uno di "serie B", o addirittura all'uscita tout-court di questi Paesi dall'unione monetaria ed il loro ritorno alle valute nazionali. In entrambi i casi l'Euro di "serie A", quello della Germania per intenderci, "spiccherebbe il volo", non più appesantito dagli insostenibili deficit di bilancio di chi "lascia". Che questo possa poi non ritorcersi anche contro la Germania resta da vedere, ma tant'è.

Un passo culminante, e drammatico, è l'introduzione del vincolo di bilancio nella Costituzione. Un vincolo del genere infatti rappresenta la "istituzionalizzazione" di un rigore fine a sé stesso, adottando una misura che ancor più fortemente di altre va a subordinare lo sviluppo ai vincoli di bilancio. A parziale mitigazione degli effetti nefasti di una tale misura c'è che che l'Italia è da sempre incostituzionale su molte cose, e lo sarebbe tranquillamente anche su questa.

Personalmente mi ero illuso che fare l'unione monetaria fosse una cosa buona, ma alla luce di come stanno andando le cose devo ricredermi. Se simili difficoltà riguardassero i Tedeschi sono sicuro che questi non ci metterebbero neppure un secondo a "buttare all'aria il tavolo". Come probabilmente farebbero anche i Francesi (e non è ancora detto che questi non lo facciano davvero, è solo che per ora non stanno avendo danni tanto gravi quanto i nostri). Del resto, che Angela Merkel badi agli affari propri lo si è visto anche in occasione dei capitali illecitamente portati in Svizzera, dove anziché concordare una linea unitaria con gli altri stati membri i Tedeschi hanno "transato" con gli Svizzeri e tanti saluti, alla faccia di tutti gli altri fessi (Italia compresa) che ancora sperano in una azione concordata.

Ad oggi non vedo sbocchi per il nostro Paese ed il fallimento è l'unico traguardo che si sta profilando con sempre maggiore certezza, un fallimento che sarà tanto più drammatico quanto più esso verrà posticipato nell'illusione che esso possa non avvenire. L'Euro si rivela ogni giorno di più non come l'ancora di salvezza che ci salva dalla crisi, ma come una ipoteca sulla nostra possibilità di uscirne, un macigno che ci trascina in fondo con il suo peso. Io credo che, paradossalmente, proprio ora che la situazione globale si è fatta più difficile se l'Italia non fosse vincolata alla moneta unica si troverebbe in una posizione di maggior vantaggio, e non il contrario. Non sempre sono stato d'accordo con Beppe Grillo su alcune cose, ma questa volta lo sono, e il comico genovese (ma possiamo davvero continuare a chiamarlo "comico" ?) è fra i pochi che non considerano un tabù un nostro abbandono dell'Euro. Perlomeno di questo Euro, e a meno che esso non venga drasticamente svalutato, una misura alla quale finora la Germania si è sempre fermamente opposta, per l'Italia la differenza fra il rimanere nella moneta unica ed uscirne è la stessa che passa fra la certezza di fallire per volere di altri e di uscire comunque, e quella di avere finalmente la libertà di provare a non fallire. E se falliremo comunque, almeno falliremo prima e potremo provare prima a ricominciare, tornando a fare ciò che un tempo sapevamo fare così bene: lavorare tanto, lavorare bene e fare concorrenza agli altri coniugando qualità e prezzi bassi (com'era prima che l'Euro ci impedisse di fare prezzi bassi, e che le tasse ci togliessero la voglia di lavorare). Per un po' dovremo accontentarci di pane e cipolle a pranzo e a cena, ma perlomeno non avremo il colesterolo.


Aggiornamento del 19/10/2012: ma siamo proprio sicuri che una eventuale uscita dell'Italia dall'Euro sarebbe la nostra rovina? O non potrebbe piuttosto rivelarsi vero il contrario? Questo articolo di Business Week, che è di tre mesi fa ma che mi era sfuggito, propone uno scenario diverso.

Bookmark and Share

Trackbacks (0) |