12/12/2014 23:43


Sciopero generale

E` passato tanto tempo dall'ultimo post, non certo perché non vi fossero cose da scrivere ma semmai per il contrario: ve n'erano e ve ne sono troppe, quello che manca è il tempo per scriverle.

Oggi una parte delle organizzazioni sindacali ha portato in piazza molte migliaia di persone per protesta conto il Jobs Act in approvazione da parte del Governo di Matteo Renzi.

Esattamente vent'anni fa, nel 1994, il primo Governo Berlusconi, forte di una ampia maggioranza, disse che bisognava riformare il sistema pensionistico e il mercato del lavoro. Immediatamente i sindacati e la Sinistra gli rivoltarono contro la piazza, in breve tempo la Lega Nord si sfilò e il Governo cadde.

Oggi, a vent'anni di distanza, Matteo Renzi sta cercando di affrontare quegli stessi problemi, ed oggi come allora i medesimi soggetti sono scesi in piazza per protestare. Gli stessi soggetti che all'epoca avevano impedito ogni vera riforma in tema di lavoro e pensioni oggi si ritrovano nuovamente in piazza, con sempre meno lavoro, sempre meno pensioni e sempre più tasse patrimoniali da pagare, e da pagare a prescindere da ciò che uno guadagna, magari per una casa già gravata da un mutuo che non si riesce più a onorare perché si è senza lavoro.

Abbiamo sprecato vent'anni, due decenni in cui altri, la Germania in primis, quelle riforme bene o male le ha fatte. Noi no, e ci troviamo a doverle fare ora, con un debito pubblico ben maggiore di allora, con un Euro che ci toglie margini di manovra, e per giunta in una fase di crisi economica profonda e persistente. Crisi che, guarda caso, vede l'Italia fra i Paese più colpiti. Ma evidentemente gli Italiani sono duri di comprendonio e preferiscono dare ascolto alle sirene che, oggi come nel 1994, li condannano alla disoccupazione, ad una vecchiaia in cui le pensioni (per chi le avrà) ritorneranno interamente allo Stato in pagamento delle tasse (la stessa sorte dei famosi 80 Euro di Renzi), alla perdita di ogni vera tutela e all'indigenza, trasformando tutti in "esodati di fatto".

Il Jobs Act, di per sé, non creerà nuovi posti di lavoro, né potrà impedire che altri ne vengano persi, ma la sua colpa è quella di andare a toccare i "totem" di una certa Sinistra e che essa, oggi come nel 1994, non accetta di mettere in discussione, nonostante la situazione sia divenuta drammaticamente meno sostenibile di vent'anni fa.

Se il Paese vuole darsi una speranza di uscire dal pantano in cui si trova, le riforme da fare sono più d'una e vanno fatte tutte insieme, perché altrimenti le cose non solo non migliorerebbero, ma probabilmente si aggraverebbero. La sola, blanda, riforma del mercato del lavoro rappresentata dal Jobs Act deve essere accompagnata da una radicale riforma del sistema delle pensioni, per liberare finalmente le risorse necessarie per attuare una sostanziosa riduzione della pressione fiscale, riportandola sui redditi e togliendola dai patrimoni, specie da quelli che tutti o quasi hanno, anche coloro che hanno perso e perderanno il lavoro, come la casa, l'auto, la TV, e introducendo una "no tax zone" per chi guadagna troppo poco.

Ma ci sono almeno altre due riforme ineludibili, dalle quali quelle su citate non possono prescindere se l'obiettivo sono la sostenibilità del sistema, il favorire la riduzione delle tasse e il creare condizioni più favorevoli per l'economia e per il lavoro: quella della Giustizia, che forse ancor più delle tasse allontana dal Paese gli investimenti e le attività produttive, e quella della burocrazia. Come i recenti fatti di Mafia Capitale ci ricordano, l'unico modo veramente efficace per ridurre la corruzione è ridurre la quantità di denaro pubblico in circolazione, attraverso la suddetta detassazione, in modo da prosciugare l'acqua in cui nuota chi ha il potere di spendere soldi non suoi, ovvero soldi pubblici. L'annuncio di pene e sanzioni più severe, che viene puntualmente fatto dopo ogni scandalo come quello di Roma, non solo non risolve la questione ma potrebbe finire per peggiorarla, creando più rischi per gli amministratori onesti e senza incidere più di tanto sui disonesti. Chi ha il potere di spendere denaro pubblico non dovrebbe poter rimanere in quella posizione per più di tre o quattro anni, trascorsi i quali non dovrebbe più poter occupare la stessa carica. Se spesso si auspica di poter limitare a massimo due mandati la nomina di un parlamentare, a maggior ragione questo dovrebbe valere per i burocrati, dall'altro funzionario all'impiegato comunale, che spesso più dei politici hanno la vera responsabilità del malaffare. E` sul mondo di mezzo che va affondato il bisturi per prevenire la corruzione, ben più che non il cercare di intervenire a posteriori, annunciando misure draconiane che non passeranno indenni alla fase attuativa, fino a che il prossimo scandalo non ne produrrà un nuovo indignato annuncio, in un "deja vu" che accompagna l'Italia dai tempi più remoti.

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Scritto da Carlo Strozzi | Permalink

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